sabato 15 dicembre 2012


L’usignolo e la rosa
(da Lulù)
Proprio oggi ho finito di (ri)leggere Il Principe Felice e altri racconti (questi altri racconti sarebbero: L’usignolo e la rosa, Il Gigante egoista, Il vero amico, L’illustre Razzo –quello che mi è piaciuto meno-, Il giovine re e L’Astrofanciullo) e l’ho chiuso con un sospiro di gioia e nostalgia.
Nostalgia perché questo è stato praticamente il secondo libro serio della mia vita (il primo, e intendo in senso assoluto, è stato Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare) e l’ho letto a qualcosa tipo otto anni.
Me ne ero quasi dimenticata. Cioè, no, non l’avevo dimenticato, ma l’avevo un po’ perso di vista. Me ne sono accorta quando ho detto “A me Wilde non sta molto simpatico, d’altra parte però ho letto solo il Ritratto di Dorian Gray…” e allora una campanella nella mia testa ha dato l’allarme: no, non ho letto solo il Ritratto di Dorian Gray.  Quindi ho deciso di recuperarlo e l’ho fatto immediatamente.
Gioia perché è stato davvero un piacere ripercorrere queste storie più o meno note “sentendole” però con un gusto diverso.
E ora giro e rigiro il libro fra le mani, senza decidermi a metterlo via e questa cosa non mi è più capitata dopo aver letto il Piccolo Principe: allora l’ho semplicemente riletto tutto ogni giorno per circa due settimane di seguito, finché non mi sono scocciata. Visto che però ora non sono più una bambina di dieci anni con il tempo di fare certe cose e l’incoscienza di usarlo così (il tempo è denaro) vorrei evitare di essere costretta a rileggere queste fiabe per quattordici giorni di fila XD.
Quindi ho deciso di scrivere del racconto che mi è piaciuto di più (la cosa curiosa è che da piccola il mio preferito era L’Astrofanciullo): L’usignolo e la rosa, appunto.

La storia inizia con un usignolo un po’ impiccione che ascolta i lamenti d’amore di un giovane studente seduto all’ombra della quercia su cui l’usignolo ha fatto il nido.
Ecco qual è la pena del giovane studente:
“Domani sera il principe dà un ballo” mormorava il giovane studente “e ci andrà anche la donna che amo. Se le porto una rosa rossa, la terrò tra le mie braccia, ed ella reclinerà il capo sulla mia spalla, e la sua mano sarà stretta con la mia. Ma nel mio giardino non v’è alcuna rosa rossa, e così me ne starò solo ed ella mi trascurerà. Non si darà di me alcun pensiero, e il mio cuore si spezzerà.”
Io mi chiederei che razza di sentimento è, un amore che dipende da una rosa. Per me non è amore, ma io sono una cinica e acida ragazzina di quattordici anni.
L’usignolo invece è un uccello romantico, che ha passato le notti d’estate a cantare del vero amore vissuto da appassionati amanti, e si intenerisce per la situazione del giovane studente perché “Ecco veramente un vero amante (…) Ciò che io canto, egli lo soffre: quel che è gioia per me, è per lui dolore. Davvero, l’Amore è una cosa meravigliosa. È più preziosa degli smeraldi, più raro delle pure opali. Perle e melagrane non lo posson comprare, né lo si trova sulla piazza del mercato. Non c’è mercante che lo possa acquistare, né lo si può pesare sulla bilancia con cui si pesa l’oro.”
Quindi l’usignolo decide di aiutare lo studente e vola alla ricerca di una rosa rossa: prima va da un rosaio, che però ha solo rose bianche, poi va da un altro, che ha solo rose gialle, infine trova un rosaio dalle rose rosse che però non può avere fiori perché l’inverno l’ha reso sterile.
C’è un modo per creare comunque una rosa rossa, ma è tanto terribile che il rosaio non vuole rivelarlo; l’usignolo però è così determinato che riesce a convincere il riluttante rosaio a rivelargli il modo per ottenere la rosa e salvare la felicità dello studente:
“Se vuoi una rosa rossa” disse il rosaio “devi crearla con il tuo canto al chiarore lunare e tingerla con il sangue del tuo cuore. Devi cantare per me, premendo il petto contro una spina. Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggerti il cuore, e il tuo vivo sangue fluire dentro le mie vene e diventar mio.”
Il prezzo per una rosa rossa è la vita.
L’usignolo però non si tira indietro, è convinto che l’amore sia più importante di tutto ed è pronto a sacrificarsi. Tornando alla quercia per attendere la notte e trovando il giovane studente ancora lì sotto, l’usignolo gli dice di rallegrarsi perché “Avrai la rosa rossa. Io te la creerò con il mio canto al chiarore lunare e la tingerò con il sangue del mio cuore. L’unico compenso che ti chiedo, è che tu sia un vero amante, perché l’amore è più saggio della più saggia filosofia, più forte del più forte potere. Di color fiamma sono le sue ali e di color di fiamma è il suo corpo. Ha le labbra dolci come il miele e il suo alito è come incenso.”
Il giovane ascolta il canto dell’usignolo, ma non capisce ciò che gli dice perché comprendeva soltanto le cose che sono scritte nei libri e questo è il primo indizio dell’inquietante, inevitabile finale.
Un giovane che comprende solo i libri (per di più solamente libri di filosofia) non può essere un vero amante perché l’amore è qualcosa che si vive, non qualcosa che si impara mandando a memoria teorie e formule.
Di notte l’usignolo va dal rosaio e inizia a cantare con una spina nel petto finché questa gli trafigge il cuore, colorando la rosa di rosso e uccidendolo.
La mattina il giovane studente trova la rosa rossa (perché il rosaio si trovava giusto giusto sotto la sua finestra) e tutto contento la coglie per portarla alla sua amata.
Però la reazione della ragazza non è quella sperata:
“Temo che non si accordi con il mio abito” rispose “E d’altronde il nipote del Ciambellano mi ha mandato dei veri gioielli, e tutti sanno che i gioielli costano più dei fiori.”Davvero, mia cara? Sei proprio sicura che una collana di diamanti costi di più di una rosa creata dal canto dell’usignolo al chiar di luna e colorata dal sangue del suo cuore? Ti stai accontentando di alcuni pezzetti di vetro rinunciando ad un vero gioiello creato dal massimo sacrificio concepibile per una mente mortale.
Stai rinunciando a qualcosa di importante, che ti porteresti sempre dietro, per dei preziosi che tanto, quando morrai, lascerai a casa a prender polvere.
Lo studente reagisce con una certa stizza, ed ecco la fine che fa la rosa:
e gettò la rosa in istrada, dov’essa andò a cadere in un rigagnolo e la ruota di un carretto ci passò su.
Quindi non solo il sacrificio dell’usignolo è stato completamente vano, ma viene anche disprezzato, finendo indegnamente nel fango come una cosa povera, rotta ed inutile. Senza valore.
Le ultime battute della ragazza e dello studente chiudono il racconto bollando per sempre gli esponenti del genere umano come degli idioti irrecuperabili:
“E io vi dico che siete molto grossolano. In fin dei conti, chi siete? Un semplice studente. Già, non credo che abbiate mai avuto fibbie d’argento sulle scarpe, come il nipote del Ciambellano.”
“Che stupidaggine, l’amore! Serve meno della logica, perché non dimostra niente, dice sempre cose che non accadono mai, e ti fa credere cose che non sono vere. Decisamente, è una faccenda per niente pratica; e siccome di questi tempi esser pratici è tutto, tornerò a dedicarmi alla filosofia e studierò metafisica.”
Ecco come due ragazzi ci mostrano quanto sia meschina, grossolana (è proprio il caso di dirlo) e superficiale la società.
In questa fiaba l’eroe è l’usignolo che, nel suo essere animale e quindi non essendo corrotto dal sistema del vivere civile umano, porta avanti dei valori che sono veri, sono sentimenti che migliorano la vita e che hanno un senso. E ha anche il coraggio di seguire fino in fondo il suo credo, arrivando anche alle estreme conseguenze.
Poi ci sono questi due tizi che non voglio meglio identificare che invece vivono di capricci (la ragazza che vuole la rosa, il ragazzo che si dichiara innamorato tanto per gioco –perché è chiaro che il suo non è un sentimento autentico-, la ragazza che si fa conquistare dai gioielli, il ragazzo che studia non per un valore umano dello studio ma per averne un tornaconto) e che alla fine risultano più inconsistenti dell’aria e sono loro, quelli che perdono.
D’accordo, l’usignolo è morto e loro sono vivi.
L’usignolo però è morto rimanendo fedele a sé stesso, in qualche modo contento, e soprattutto ha compiuto un gesto che ha lasciato un segno (sia anche sprofondato nel fango e gettato con noncuranza nel dimenticatoio) mentre invece il ragazzo e la ragazza non hanno concluso niente e non concluderanno niente se continuano a pensare in questo modo così vano e artificioso.
Povero usignolo. Si è sacrificato per due screanzati di quella risma.

Consiglio per gli acquisti: se volete aiutare qualcuno a conquistare una donzella con un mazzo di rose rosse, dategli il numero di un fioraio.
Meno poetico, ma vi conviene.


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Rory e Lulù
Siamo due cuginette, Luisa e Rosa, che vivendo lontane hanno deciso di scrivere un blog insieme. A Luisa piace leggere, guardare gli anime e studiare (che secchiona!!!); a Rosa piace leggere, vedere film e scrivere. Speriamo tanto di riuscire a intrattenervi e ad interessarvi e che questo blog vi piaccia!
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